“In Europa sprechiamo circa un euro al giorno per persona. Una Regione come la nostra butta via alimenti per circa 4milioni al giorno e la nostra provincia circa 200mila euro/giorno. E’ impressionante. Sono particolarmente lieto di ospitare in Douja iniziative come quelle promosse dalla Consigliera Angela Motta”. Dopo questo breve saluto del Presidente Goria, nella saletta media e Talk al terzo piano dell’Enofila di Asti, Ugo Alciati ha messo in cottura un riso con Alici di Menaica e ricotta piemontese accompagnato dal Barbera d’Asti offerto dal Consorzio.
“Oggi la ristorazione è diventata frenetica un po’ come quello che vi vogliono far vedere in televisione. Non si va più in giro per gustare piatti, per mangiare bene ma per uscire. Il ristorante è diventato un’esperienza a 360 gradi dove ti vengono offerti cinquanta piatti di portata. Non va bene ed è inevitabile che ci siano degli sprechi” parola di Alciati figlio d’arte di quel Guido di Costigliole che ha segnato la ristorazione di qualità.
In sala anche l’assessore Regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero proprio della Giunta di Chiamparino che ha promulgato la legge che definisce i prodotti invenduti. Ed è un bel passo avanti portato alla conoscenza del mondo Douja D’or proprio dalla Consigliera Angela Motta che ne ha cominciato l’iter (prima firmataria) nel luglio 2014 e vede oggi il coronamento di una fatica: “Questa legge (L.R. 23/06/2015 n.12) non vuole fare carità ma imposta un sistema economico sostenibile”, chiarisce Motta.
“Sono tanti i prodotti che possiamo ridestinare: agro-alimentari di prossima scadenza; agricoli non raccolti e rimasti nel campo; pasti non serviti dalla risotrazione e dalla distribuzione collettiva; prodotti farmaceutici” ed è proprio entusiasta per questo lavoro la Consigliera Motta perché c’è già anche lo stanziamento di 500mila euro per l’anno 2015 da investire in attività a sostegno delle fasce più deboli della popolazione e dunque più esposte al rischio di impoverimento.








L’Ossolano è la principale espressione casearia dell’estremo nord del Piemonte, prodotto dal latte di vacche nate, allevate e nutrite esclusivamente nelle valli di Anzasca, Antrona, Divedro-Antigorio-Formazza, Isorno e nella Valle Vigezzo, entità geografiche che si aprono nella Val d’Ossola.
Il formaggio “Toma Piemontese”, formaggio prodotto esclusivamente con latte di vacca, ha origini che risalgono all’epoca romana, ma solamente documenti dell’anno mille riportano citazioni che lo identificano precisamente, figurando soprattutto nei “pastus” distribuiti ai poveri o ai lavoratori subalterni, tanto da convalidare l’ipotesi di un suo uso, almeno in questi periodi iniziali, caratteristico dei ceti popolari; pare infatti andassero per la maggiore formaggi particolarmente piccanti e detti “formaggi dei poveri”.
Il Salame Piemonte ha forma cilindrica, o incurvata per le pezzature più piccole, è compatto e di consistenza morbida che deriva dalla breve stagionatura. La fetta si presenta compatta e omogenea di colore rosso rubino. Il profumo è delicato di carne matura stagionata, di vino e di aglio. In particolare, l’aggiunta del vino derivante da uve Barbera, Dolcetto e Nebbiolo conferisce al prodotto un terroir unico e particolare.
La Robiola di Roccaverano, è un formaggio fresco sottoposto a maturazione, o affinato e per la sua produzione si adopera latte crudo intero di capra, di pecora e di vacca, proveniente esclusivamente dall’area di produzione. Le origini risalgono ai Celti che producevano un formaggio simile al prodotto attuale. Con l’avvento dei Romani il formaggio assunse il nome di “rubeola”. Ma l’importanza della “Robiola” venne evidenziata in un manoscritto del 1899, fra le notizie storiche di interesse politico: nel Comune di Roccaverano venivano tenute cinque fiere annue, durante le quali si vendevano per l’esportazione “eccellenti formaggi di Robiole”. L’alimentazione degli ovi-caprini e delle vacche è ottenuta anche dal pascolamento degli animali e dall’utilizzo di foraggi verdi e/o conservati che si ottengono dai prati e prati-pascoli ricchi di numerose piante aromatiche ed officinali. Sono proprio queste specie spontanee di erbe officinali o comunque capaci di avere qualità particolari che costituiscono un alimento di alta qualità per gli allevamenti ovini e caprini, nonché per il bestiame bovino e che con i vari profumi ed aromi fanno assumere alla “Robiola di Roccaverano” una fragranza che lo distingue da ogni altro formaggio.
Il formaggio “Raschera”, formaggio prodotto da latte vaccino, con eventuali aggiunte di latte ovino o caprino è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Lago Rascherà, nell’area prospiciente la zona del Monregalese, da cui si è diffusa la produzione del formaggio che ha conservato le caratteristiche originarie, legate ad una tecnica consolidata.
La «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte» designa il frutto in guscio, sgusciato o semilavorato della varietà di nocciolo «Tonda Gentile Trilobata » ed ha sapore finissimo e persistente e polpa croccante.
Il formaggio “Murazzano”, formaggio di latte ovino, che può essere integrato con latte vaccino, è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Comune di Murazzano che ne è il centro maggiore di produzione.

Il Castelmagno prende il suo nome dal santuario dedicato a San Magno presente nel comune omonimo. Le origini sono antichissime: le prime forme furono prodotte già nel XII secolo e il primo documento ufficiale che registra la sua esistenza è una sentenza arbitrale in cui il Comune di Castelmagno sconfitto dovette pagare in natura, come canone annuo, forme di formaggio al marchese di Saluzzo.