Oltre 3.000 figuranti in costume a raccontare il Novecento contadino.
Il sole si affaccia a fatica dietro le nuvole. L’aria è fresca in questa mattina di fine estate. Alle 9.00 tutti i carri sono schierati all’inizio di Via Cavour. Alle 9.30 si parte.
Lungo il percorso due ali di folla hanno applaudito le Pro Loco astigiane. Poi Piazza Statuto e San Secondo, davanti allo stand di Piemonte Land of Perfection, in un simbolico omaggio del vino di oggi a quello di ieri.
Corso e Piazza Alfieri. Trattori, aratri, le mitiche vespe primi modelli, le biciclette, altro simbolo di questa civiltà che oggi, celebrando la sua storia, ci ha ricordato come eravamo, in un sontuoso Amarcord in grande stile felliniano.
Ogni paese, ogni Pro Loco, ha messo in scena secondo lo scorrere delle stagioni, il lavoro nei campi, i mestieri, le feste contadine e i riti religiosi, dalla vendemmia al battesimo, dalla battitura del grano alla festa di leva. Ad accompagnare la sfilata i Frustatori di Rocchetta Tanaro con il Gruppo “I Controcorrente”, le bande musicali di Costigliole e Villa Franca e “Ji Arliquato”.
Sugli spalti allestiti e gremiti di Piazza Alfieri tutte le autorità cittadine e i membri dell’UNPLI.
La sfilata è terminata alle 12.30 circa in Piazza Campo del Palio. Qui, decine di casette, una per ciascuna delle 41 pro loco, hanno cominciato a servire gli oltre 80 piatti in degustazione.
Solo ricette tradizionali, tramandate di generazione in generazione e cucinate con materia del territorio. Agnolotti, risotti, tagliatelle e polente negli abbinamenti più vari. I grandi secondi della tradizione monferrina: bolliti, fritto misto, bagna cauda e tanti piatti ormai scomparsi dal menù dei ristoranti: come la “puccia” (soffice polenta sciolta nel minestrone di fagioli e condita con burro e formaggio) o il “baciuà”, lo zampino di maiale lessato, aromatizzato nell’aceto e fritto. I piatti tipici potranno essere accompagnati da una degustazione di vino astigiano selezionato dall’ONAV.
Perché, così ha scritto Pavese ne La Luna e i falò: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”, anche quando – come nel tema della pro loco di Azzano – ad emigrare eravamo noi.
L’Ossolano è la principale espressione casearia dell’estremo nord del Piemonte, prodotto dal latte di vacche nate, allevate e nutrite esclusivamente nelle valli di Anzasca, Antrona, Divedro-Antigorio-Formazza, Isorno e nella Valle Vigezzo, entità geografiche che si aprono nella Val d’Ossola.
Il formaggio “Toma Piemontese”, formaggio prodotto esclusivamente con latte di vacca, ha origini che risalgono all’epoca romana, ma solamente documenti dell’anno mille riportano citazioni che lo identificano precisamente, figurando soprattutto nei “pastus” distribuiti ai poveri o ai lavoratori subalterni, tanto da convalidare l’ipotesi di un suo uso, almeno in questi periodi iniziali, caratteristico dei ceti popolari; pare infatti andassero per la maggiore formaggi particolarmente piccanti e detti “formaggi dei poveri”.
Il Salame Piemonte ha forma cilindrica, o incurvata per le pezzature più piccole, è compatto e di consistenza morbida che deriva dalla breve stagionatura. La fetta si presenta compatta e omogenea di colore rosso rubino. Il profumo è delicato di carne matura stagionata, di vino e di aglio. In particolare, l’aggiunta del vino derivante da uve Barbera, Dolcetto e Nebbiolo conferisce al prodotto un terroir unico e particolare.
La Robiola di Roccaverano, è un formaggio fresco sottoposto a maturazione, o affinato e per la sua produzione si adopera latte crudo intero di capra, di pecora e di vacca, proveniente esclusivamente dall’area di produzione. Le origini risalgono ai Celti che producevano un formaggio simile al prodotto attuale. Con l’avvento dei Romani il formaggio assunse il nome di “rubeola”. Ma l’importanza della “Robiola” venne evidenziata in un manoscritto del 1899, fra le notizie storiche di interesse politico: nel Comune di Roccaverano venivano tenute cinque fiere annue, durante le quali si vendevano per l’esportazione “eccellenti formaggi di Robiole”. L’alimentazione degli ovi-caprini e delle vacche è ottenuta anche dal pascolamento degli animali e dall’utilizzo di foraggi verdi e/o conservati che si ottengono dai prati e prati-pascoli ricchi di numerose piante aromatiche ed officinali. Sono proprio queste specie spontanee di erbe officinali o comunque capaci di avere qualità particolari che costituiscono un alimento di alta qualità per gli allevamenti ovini e caprini, nonché per il bestiame bovino e che con i vari profumi ed aromi fanno assumere alla “Robiola di Roccaverano” una fragranza che lo distingue da ogni altro formaggio.
Il formaggio “Raschera”, formaggio prodotto da latte vaccino, con eventuali aggiunte di latte ovino o caprino è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Lago Rascherà, nell’area prospiciente la zona del Monregalese, da cui si è diffusa la produzione del formaggio che ha conservato le caratteristiche originarie, legate ad una tecnica consolidata.
La «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte» designa il frutto in guscio, sgusciato o semilavorato della varietà di nocciolo «Tonda Gentile Trilobata » ed ha sapore finissimo e persistente e polpa croccante.
Il formaggio “Murazzano”, formaggio di latte ovino, che può essere integrato con latte vaccino, è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Comune di Murazzano che ne è il centro maggiore di produzione.

Il Castelmagno prende il suo nome dal santuario dedicato a San Magno presente nel comune omonimo. Le origini sono antichissime: le prime forme furono prodotte già nel XII secolo e il primo documento ufficiale che registra la sua esistenza è una sentenza arbitrale in cui il Comune di Castelmagno sconfitto dovette pagare in natura, come canone annuo, forme di formaggio al marchese di Saluzzo.